
Siamo rientrati lunedì 8 maggio, dopo cinque giorni di viaggio, durante i quali abbiamo visitato gli ex lager nazisti di Dachau, Ebensee, Hartheim, Gusen, Mauthausen e San Sabba a Trieste.
Ogni campo ha una propria caratteristica;
Dachau, il primo ad essere aperto già nel marzo 1933. Qui inizialmente vennero rinchiusi tedeschi ed austriaci che si opponevano al partito nazionalsocialista.
Ebensee, campo nel quale vennero inviati molti degli scioperanti del marzo 1944, molti empolesi, fiorentini, pratesi, morirono in mezzo a queste montagne nel cuore dell’Austria. Subito dopo la liberazione del campo, gli abitanti della zona hanno distrutto completamente le baracche, costruendoci sopra un villaggio. L’arco d’ingresso, l’area del Memoriale e le gallerie, rimangono come perenni testimoni dell’orrore accaduto in questi luoghi.
Hartheim, il castello dove si metteva in pratica il progetto eutanasia su esseri umani con disabilità fisiche e mentali. In seguito gli “scenziati” del reich utilizzeranno la struttura per effettuare esperimenti su cavie umane.
Mauthausen, la grande fortezza che si erge sulla collina, unico campo di categoria 3. I deportati venivano eliminato attraverso il lavoro duro, la scarsa alimentazione, il clima, le torture. La stanza dei nomi è uno degli ambienti che colpisce di più i visitatori, ne contiene oltre 120.000 tanti quante le vittime di Mauthausen.
Gusen, anche in questo caso rimane soltanto un crematorio, avvolto in un Memoriale e circondato da tante abitazioni civili, che sembra vogliano nascondere la vergogna della storia di questi luoghi.
Infine la Risiera di San Sabba a Trieste, con le celle il forno crematorio, un luogo che deve ricordarci le responsabilità che noi italiani abbiamo avuto durante la seconda guerra mondiale.
sembrano tante macchie bianche su sfondo nero, invece sono i nomi delle 120.000 vittime di Mauthausen
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