la delegazione del Chianti Fiorentino

I comuni di San Casciano Valdipesa, Tavarnelle Valdipesa e Barberino Valdelsa, hanno rappresentato il Chianti Fiorentino durante l’ultimo pellegrinaggio organizzato dall’ANED18519_10153260939269663_552500462647020186_n

Sara Borghi
Abbiamo iniziato una nuova avventura tutti insieme. Ci siamo fatti forza a vicenda per affrontare questa esperienza. Siamo partiti con la consapevolezza di ciò che avremmo dovuto visitare. I campi di concentramento sono luoghi dell’orrore e di tragedia per tutti noi.
Durante le ore di viaggio ho avuto modo di riflettere e rielaborare in parte le sensazioni provate. Mi sono posta numerosi interrogativi: “Sarò pronta ad ascoltare? Sarò all’altezza di riportare le testimonianze di questo infame passato ai miei compagni e ai miei familiari? Sarò consapevole di ciò che vedrò attraverso i filmati sul tema della deportazione?”. La mia risposta è sì, con coraggio e serietà.

Lavinia Campriani
Appena entrata in quei luoghi, ho avvertito un forte mal di testa che mi ha accompagnata per tutta la visita al campo. Non so come e perché. So solo che sembra quasi un messaggio: “Qui comunque vada, l’inferno resta”.
Penso che dopo aver visitato tutto ciò, ci penserò prima di lamentarmi o essere triste per qualcosa. Si chiama “Viaggio della Memoria”, ma oltre a ricordare, qui si matura. È un viaggio che porta a ragionare in modo diverso, da persone adulte, cosapevoli di ciò che fanno e a cosa vanno incontro.
Mi sono sentita così piccola quando ho visto gli ex deportati. Loro sono sopravvissuti a tutto quel male che gli è stato fatto pur essendo innocenti. Sono riusciti ad andare avanti nonostante non avessero motivi per farlo. Mi sono sentita una nullità davanti a tutta quella forza. Ma nello stesso tempo ero onorata di poter essere testimone della loro “rinascita” alla vita.

Massimo Gennari
Durante la visita ai campi di Dachau, di Mauthausen e al castello di Hartheim, mi ha fatto impressione apprendere il modo in cui venivano trattati i deportati dalle SS e dai Tedeschi e come lottavano fra di loro per sopravvivere.
A Mauthausen siamo stati messi a conoscenza del lavoro di alcuni deportati che dovevano percorrevano la “scalinata della morte” su e in giù fino a 14 ore al giorno, portando delle pietre pesanti a spalla. Per divertirsi le SS li facevano buttare giù da un precipizio legati fra di loro, mentre i loro compagni li deridevano, ignari del fatto che prima o poi sarebbe toccato anche a loro. Mentre questi deportati lavoravano dovevano sopportare le ferite inferte, il freddo gelido o il sole cocente. La cosa che mi ha colpito in particolar modo è stata la tavola dei nomi posta nella stanza della memoria del campo di Mauthausen, che rappresenta tutti i caduti del campo. Questo allestimento mi ha suscitato una sensazione di angoscia soffocante e di vuoto incolmabile

Lisa Montagnani
L’8 maggio è iniziato il vero viaggio, un pellegrinaggio che penso abbia fatto crescere ognuno di noi.
Il primo campo oggetto di visita è stato Dachau, dove migliaia di italiani sono stati uccisi.
Appena entrati nel castello di Hartheim, tutto mi sembrava all’infuori che un posto dove le persone diversamente abili venivano sottoposte ad eutanasia, nel tentativo di preservare la purezza della razza ariana.
Mi ha colpito, poi, la capienza delle baracche. Immaginare la vita che conducevano i prigionieri, mi ha scatenato una reazione simile alla nausea. Sì, è vero ho provato nausea al pensiero dell’operato dei nazisti, che sadicamente toglievano la vita a gente che aveva come unica colpa quella di vivere. Ho sentito tanto parlare di nefandezze che le SS commettevano nei confronti dei prigionieri con lo scopo di ridicolizzarli e cancellare la loro identità di uomini, di essere umani.
Io mi chiedo soltanto una cosa: quante erano le persone che all’epoca, pur sapendo tutto, hanno deciso di tacere? Avrei fatto la stessa cosa? Non posso credere che tutti partecipassero a questo teatro della finzione.
È stato versato troppo sangue e bruciati troppi corpi, così tanti che non è bastata una sala per contenere tutti i nomi. Ho tanti interrogativi aperti, ma torno con lacertezza che non possiamo e non dobbiamo assolutamente dimenticare il passato per evitare che simili tragedie possano ripetersi.

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