Incontro con Liliana Segre – Firenze 19 novembre 2018

Lunedì 19 novembre, presso la casa del popolo di Settignano a Firenze, si è svolto un incontro con la senatrice Liliana Segre.
Nata a Milano in una famiglia ebraica, visse con suo padre, Alberto Segre, e i nonni paterni, Giuseppe Segre e Olga Loevvy.[1] La madre, Lucia Foligno, morì quando Liliana non aveva neanche compiuto un anno. Di famiglia laica, la consapevolezza di essere ebrea giunge a Liliana attraverso il dramma delle leggi razziali fasciste del 1938, in seguito alle quali viene espulsa dalla scuola.

Dopo l’intensificazione della persecuzione degli ebrei italiani, suo padre la nascose presso amici, utilizzando documenti falsi. Il 10 dicembre 1943 provò, assieme al padre e due cugini, a fuggire in Svizzera: i quattro furono però respinti dalle autorità del paese elvetico. Il giorno dopo, venne arrestata a Selvetta di Viggiù, in provincia di Varese, all’età di tredici anni. Dopo sei giorni in carcere a Varese, fu trasferita a Como e poi a Milano, dove fu detenuta per quaranta giorni.

Il 30 gennaio 1944 venne deportata dal Binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, che raggiunse sette giorni dopo. Fu subito separata dal padre, che non rivide mai più e che sarebbe morto il successivo 27 aprile. Il 18 maggio 1944 anche i suoi nonni paterni furono arrestati a Inverigo (CO), e furono deportati dopo qualche settimana ad Auschwitz, dove furono uccisi al loro arrivo, il 30 giugno.[1]

Alla selezione, ricevette il numero di matricola 75190, che le venne tatuato sull’avambraccio. Fu impiegata nel lavoro forzato presso la fabbrica di munizioni Union, che apparteneva alla Siemens, lavoro che svolse per circa un anno. Durante la sua prigionia subì altre tre selezioni. Alla fine di gennaio del 1945, dopo l’evacuazione del campo, affrontò la marcia della morte verso la Germania.

Venne liberata dall’Armata Rossa il primo maggio 1945 dal campo di Malchow, un sottocampo del campo di concentramento di Ravensbrück. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni chefurono deportati ad Auschwitz, Liliana fu tra i venticinque sopravvissuti.[2]

Dopo lo sterminio nazista, visse con i nonni materni, di origini marchigiane, unici superstiti della sua famiglia. Nel 1948 conobbe Alfredo Belli Paci, cattolico, anch’egli reduce dai campi di concentramento nazisti per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale. I due si sposarono nel 1951 ed ebbero tre figli.[3][4 ]  fonte wikipedia

Incontro organizzato da ANPI – ANED – ARCI – CGIL – ISRT – Circolo Fratelli Rosselli – Legalità e Giustizia.

“Io sono stata una richiedente asilo, rimandata indietro. Io sono stata una clandestina con documenti falsi. Io sono stata manodopera minorile schiava. Io sono stata espulsa da scuola per la colpa di essere nata.

i video dell’intervista
parte 1
parte 2

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