Elio Bartolozzi

 

RIASSUNTO DELLA PRIGIONIA TEDESCA di Elio Bartolozzi

Il 4 aprile 1944 i partigiani compirono un assalto ad un treno carico di armi e soldati tedeschi nei pressi di Montorsoli. Alcuni di loro, fra cui due feriti, chiesero aiuto ai contadini della zona di Ceppeto e Cercina. Elio Bartolozzi condusse il gruppo di partigiani fino a Pescina, sulle pendici di Monte Morello, trasportando i feriti con il proprio carro.

Denunciato per aver aiutato i partigiani a sfuggire alle ricerche, venne arrestato dai tedeschi e dai repubblichini la sera stessa e sottoposto a percosse e maltrattamenti. Elio ammise di aver aiutato i partigiani, ma senza rivelare il luogo esatto in cui li aveva condotti, per non esporre a rappresaglie le famiglie che avevano dato loro riparo.

Dopo un periodo di detenzione a Villa Triste e alla Murate, venne trasferito a Fossoli e successivamente a Bolzano. Da qui, il 10 agosto, venne deportato a Mauthausen e – dopo una settimana – rinchiuso a Gusen, “campo di lavoro e di eliminazione”.
Venne liberato il 5 maggio 1945; al momento della liberazione, pesava 30 kg.

Dopo il rientro in Italia, scrisse questo resoconto della sua prigionia, utilizzando un vecchio quaderno di scuola di uno dei fratelli.

Elio Bartolozzi nacque a Barberino del Mugello, località Mangona, il 24 febbraio 1924. Era il quarto di cinque figli. Il padre Angiolo – dopo la parentesi della guerra (durante la quale era stato fatto prigioniero dagli austriaci) – aveva ripreso a lavorare come mezzadro, insieme alla moglie Maria Isola Marchi, spostandosi in varie località della zona: Le Maschere a Barberino di Mugello, Carlone in San Piero a Sieve e  Cercina a Sesto Fiorentino, ai piedi del Monte Morello.

Elio, interrotti gli studi dopo la licenza elementare, aiutava il padre a lavorare nei campi, insieme ai fratelli maggiori. All’età di 19 anni venne dichiarato rivedibile al servizio militare a causa di una menomazione all’occhio sinistro, perso all’età di sei anni in un incidente di gioco.

Il 4 aprile 1944 i partigiani compirono un assalto ad un treno carico di armi e soldati tedeschi nei pressi di Montorsoli. Alcuni di loro, fra cui due feriti, chiesero aiuto ai contadini della zona di Ceppeto e Cercina.

Elio condusse il gruppo di partigiani fino a Pescina, sulle pendici di Monte Morello, trasportando i feriti con il proprio carro. Denunciato per aver aiutato i partigiani, venne arrestato dai tedeschi e dai repubblichini la sera stessa e sottoposto a percosse e maltrattamenti. Elio ammise di aver aiutato i partigiani, ma senza rivelare il luogo esatto in cui li aveva condotti, per non esporre a rappresaglie le famiglie che avevano dato loro riparo.

Pochi giorni prima aveva fatto ritorno a casa il fratello Gino, che aveva partecipato alla campagna di Russia.

Gino riuscì a sfuggire all’arresto nascondendosi in casa.

Dopo un breve passaggio a Villa Triste a Firenze, sede della polizia politica tedesca,  dove fu interrogato e torturato, Elio  fu trasferito al carcere delle Murate, dove restò due mesi;  il  12 giugno venne trasferito al campo di concentramento di  Fossoli, vicino Modena, quindi a Bolzano, punto di partenza del trasporto n. 73, con destinazione  Mauthausen.

Giunto a Mauthausen nell’agosto del ’44, dopo una settimana venne trasferito a Gusen (St Georgen), campo di lavoro e di eliminazione, ed adibito al lavoro di scavo delle gallerie.

Era il deportato matricola 82271.

Liberato dagli americani il 5 maggio, rientrò a casa  il 28 giugno: le sue condizioni erano tali che i familiari stentarono a riconoscerlo.

Proprio il giorno prima aveva fatto ritorno in famiglia anche il fratello Dino, reduce dalla prigionia in Jugoslavia.

Elio si fece curare dal medico di famiglia e riuscì a ristabilirsi. Scrisse le memorie della sua prigionia su un vecchio quaderno scolastico del fratello minore Vasco, nel corso dell’inverno successivo, quando i ricordi erano ancora molto vividi nella sua memoria.

Solo dopo alcuni anni, raccontò ai familiari parte delle vicende vissute durante la prigionia, temendo di non essere creduto.

Negli anni successivi ha lavorato alternando il lavoro nei campi al lavoro della bonifica (costruzione della strada di Monte Morello che dal piazzale Leonardo da Vinci va fino a Gualdo).

Nel 1955 si è sposato con Pierina Damianini trasferendosi a Castello e entrando a lavorare al Cementificio Pecchioli.     A quest’epoca risale anche l’iscrizione al Partito comunista italiano.

Negli anni ‘57 e ‘59 sono nati i figli Massimo e Marzia.

Nel ‘70 dopo la chiusura della cementificio ha trovato impiego al Comune di Sesto come giardiniere. Dopo essere andato in pensione, si è dedicato soprattutto alla cura della famiglia e dei nipotini.

Colpito nell’aprile del 2000 da una emorragia celebrale che lo ha parzialmente invalidato, si è spento nel gennaio 2004.

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